ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Archivia 22 Ottobre 2018

Gli altri Stefano Cucchi – I casi di abusi in divisa ancora aperti in Italia

Nell’anniversario della morte di Stefano Cucchi, ricordiamo i casi di cittadini morti durante un’azione delle forze dell’ordine o sotto la loro custodia.
In questi giorni l’attenzione è di nuovo puntata sugli abusi delle forze dell’ordine grazie a un caso emblematico, il caso Cucchi, al film che ne è stato tratto e alla svolta processuale data dalla confessione del carabiniere Tedesco, che ha indicato i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro come gli autori del pestaggio. Una svolta che Fabio Anselmo, avvocato della famiglia Cucchi—ma anche delle famiglie Aldrovandi, Uva, Magherini—ha definito “eclatante”, perché offre una “testimonianza diretta di chi ha assistito ai fatti,” ma non solo: “riferisce anche dei condizionamenti e delle intimidazioni subite, e di tutto quello che è successo dopo.”
Gli abusi in divisa, in realtà, sono un argomento che torna ciclicamente nella sfera mediatica, spinto da un nuovo caso o dalla pubblicazione di un rapporto sul numero di suicidi e morti sospette nelle carceri. Ciò che manca sempre è la volontà, soprattutto istituzionale, di costruire una riflessione più ampia, che non solo unisca tra loro i vari casi, ma li riconosca come il frutto di politiche sbagliate e di una mentalità comune costruita ad hoc, basata in primo luogo sulla criminalizzazione.
“La criminalizzazione della vittima è una costante nei casi di malapolizia,” spiega Checchino Antonini, giornalista e attivista di ACAD (Associazione contro gli abusi in divisa). “Di questi casi si tende a parlare in termini emotivi, della pena che si prova per l’una o per l’altra parte. Si parla di onore o disonore dell’Arma, e non si indaga, per esempio, il legame con il proibizionismo o con il razzismo. Non si mette in discussione il tipo di addestramento ricevuto e non si parla del fatto che da tempo è in atto una forte criminalizzazione dei conflitti sociali. L’ossessione per il decoro e un’emergenza sicurezza che è tutto meno che un’emergenza (visto che i reati sono in continuo calo) portano a una vera e propria repressione di alcuni stili di vita.” Il migrante, il tossico, l’attivista dei centri sociali, il senzatetto, lo spacciatore diventano tutte categorie percepite come zavorre sociali (della serie “mi dispiace che sia morto MA”). Leggi tutto

Omicidio Uva, pg in Cassazione contro assoluzioni

Caso Uva, ricorso in Cassazione della procura di Milano contro l’assoluzione di sei poliziotti e due carabinieri
di Checchino Antonini su popoffquotidiano.it
La procura generale di Milano ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza sugli otto imputati, sei agenti e due carabinieri, assolti in appello «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona aggravato per la morte di Giuseppe Uva, l’uomo deceduto il 14 giugno 2008 all’ospedale di Varese, dopo che era stato fermato e portato in caserma dagli uomini dell’Arma per accertamenti. Il sostituto procuratore generale di Milano Massimo Gaballo, il quale aveva chiesto condanne fino a 13 anni di carcere, ha impugnato la sentenza dello scorso maggio dei giudici della prima sezione, chiedendo di riascoltare quattro testimoni, tra cui Alberto Biggioggero, l’amico di Uva presente la sera del fermo da parte dei carabinieri. Oltre alla richiesta di rinnovare l’istruttoria, nei motivi di appello viene contestata l’assoluzione dal reato di sequestro di persona e di omicidio preterintenzionale.
Il pg chiede quindi che la Cassazione annulli la sentenza impugnata e rinvii a un’altra sezione della corte d’assise d’appello per un nuovo giudizio. La famiglia della vittima è da sempre convinta che il decesso sia stato provocato dalle percosse e dalle manganellate inflitte all’uomo dalle forze dell’ordine che lo tenevano in custodia. Per i giudici, invece, è legittima la condotta di carabinieri e poliziotti intervenuti nel tentativo di contenere Uva che, insieme all’amico, stava dando in escandescenze. Uva, per i giudici, morì a causa di una patologia cardiaca e per lo stress per essere stato fermato in stato di forte ebbrezza alcolica.

Aggiornamento processo Cucchi

Iniziata nuova udienza Cucchi, ancora tre testi che confermano che Stefano arrivo’ in carcere già pestato
L’accusa ha depositato nuovi atti: “Quello che ha detto il carabiniere Fancesco Di Sano nell’udienza del 17 aprile è vero: la modifica dell’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi non fu frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un militare ma fu l’esecuzione di un ordine veicolato dal comando di stazione, che a sua volta recepì un ordine dal comandante di Compagnia, che a sua volta aveva recepito un comando dal gruppo”

Corri con Stefano – Memorial Stefano Cucchi 2018

Anche quest’anno vorremmo avervi con noi durante uno dei momenti più importanti per la nostra Associazione e cioè il Memorial Stefano Cucchi.
Quest’anno il Memorial sarà ospitato nell’ambito delll’iniziativa Fabbrica Roma ReAct che si svolgerà dal 5 al 7 ottobre presso la Ex Cartiera Latina, via Appia Antica 42.
Come di consueto, la mattina sarà dedicata alla maratona, organizzata in collaborazione con Uisp, con inizio alle ore 10.00. Il percorso sarà leggermente diverso da quello dello scorso anno: l’inizio e l’arrivo saranno infatti all’Ex Cartiera Latina.
La sera sarà invece dedicata alla musica e alle parole con ospiti e a un approfondimento su Roma e sui Diritti. L’evento inizierà alle 21.00.
Alle 10.00 partiranno le gare podistiche (per amatoriali e non) dall’Ex Cartiera Latina. Qui potete trovare tutte le informazioni qualora vogliate partecipare insieme ai vostri amici e alle vostre famiglie http://www.uisp.it/roma/pagina/domenica-7-ottobre-quarto-memorial-stefano-cucchi
alle 21 vi aspettiamo all’Ex Cartiera Latina (via Appia Antica 42). Staremo insieme fino alle 23.00-23.30.

Organizzato da
Associazione Stefano Cucchi Onlus
Comitato Promotore Memorial Stefano Cucchi
Uisp

Con l’adesione di
Amnesty International Italia
Antigone
A Buon Diritto
Arci Solidarietà
Associazione Via Libera
Baobab Experience
Cittadinanzattiva
Casa Internazionale delle Donne
Casetta Rossa
Cooperativa Diversamente
Cies Onlus
Cooperativa PID Onlus
CSOA La Strada
Arci Roma
Acad
Emergency
MEDU
No Bavaglio
Parte Civile-Marziani in Movimento
Presidio Libera Roma7 Rita Atria
Progetto Diritti
Runners for Emergency
Villetta Social Lab

E con il patrocinio della Regione Lazio
Sponsor Tecnico Flash Market

Sulla mia pelle – Incontro e Proiezione


Alcuni film vanno visti spalla contro spalla, per farsi forza davanti alla brutalità del reale che rappresentano. Sulla mia pelle è uno di questi.
Il 12 ottobre condivideremo questa esperienza con chi porta le cicatrici della storia di Stefano, con chi ha lottato e lotta perché per lui, e per i tanti altri che hanno subito abusi, ci sia giustizia. Con chi Stefano ha avuto il coraggio di interpretarlo e raccontarlo.
Venerdì 12 ottobre, dalle ore 20:00 a Garbatella, PROIEZIONE di “Sulla mia pelle” e incontro con:
Ilaria Cucchi
(Sorella di Stefano Cucchi, presidente dell’associazione Stefano Cucchi Onlus)
Avv. Fabio Anselmo
(Legale delle famiglie delle vittime di abusi in divisa)
Alessandro Borghi
(Attore, interprete di Stefano Cucchi in “Sulla mia pelle”)
Alessio Cremonini
(Regista di “Sulla mia pelle”)

Ilaria Cucchi: «Perché Stefano fu spedito a Regina Coeli e non in ospedale?»

Cucchi bis, la testimonianza del medico del tribunale e degli agenti della penitenziaria: «Era evidente che lo avevano pestato»

«All’udienza di oggi, tra gli altri, ha reso deposizione il dottor Ferri che presta servizio nelle celle di sicurezza del Tribunale di Roma – scrive Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano – dopo aver parlato delle ecchimosi al volto di Stefano quando lo visitò dopo l’udienza di convalida del suo arresto ha descritto il suo dolore alla schiena e la sua difficoltà a camminare. Doveva appoggiarsi al muro per scaricare il peso divenuto insopportabile per la sua povera colonna vertebrale rotta in due punti. Ha parlato con l’espressione in volto apparentemente priva di qualsiasi emozione, quasi con un mezzo sorriso, non di compiacimento per il dolore di mio fratello ma per il proprio ruolo. Quando però il mio avvocato gli ha chiesto cosa avrebbe fatto se si fosse trattato di un suo paziente del suo ambulatorio privato lui ha risposto che “tra gli altri avrebbe ordinato accertamenti radiologici”. Ma Stefano Cucchi evidentemente non era un suo paziente perché lo ha mandato in carcere. Allora mi chiedo: ma cos’era per lui?».
Non si reggeva in piedi e camminava male. Era evidente che era stato pestato: uno dopo l’altro, nonostante alcuni “non ricordo”, anche i più recalcitranti fra i testi, hanno dovuto ammettere che le Cucchi era davvero malridotto dopo l’arresto, l’interrogatorio e una notte in guardina, ospite dei carabinieri. Cinque di loro sono sotto processo e tre devono rispondere dell’omicidio preterintenzionale di un ragazzo arrestato per droga. Sul banco dei testimoni sono salite nove persone, tutte già sentite nel precedente processo, quello che vedeva imputati sei medici, tre infermieri e tre agenti della Penitenziaria (infermieri e agenti poi assolti in via definitiva, mentre per i medici è in corso il terzo processo d’appello). In aula si è partiti dalla presenza di Cucchi nella caserma dei carabinieri di Tor Sapienza dopo l’arresto, quando le sue condizioni di salute consigliarono l’intervento di un’ambulanza. «Trovai Cucchi dentro una cella poco illuminata. Era disteso sul letto, rivolto verso il muro e coperto fino alla testa. Lo salutai, e mi rispose ‘Non ho bisogno di niente’», ha detto in aula l’infermiere Francesco Ponzo. «Lo vidi in viso per pochi secondi, aveva pupille normali e una ecchimosi nella zona zigomale destra. Gli dissi ‘Vieni con me, andiamo in ospedale. Se hai qualche tipo di problema, poi magari ne parliamo in separata sedè. Per la mia insistenza, lui si irritò. Alla fine risalimmo, prendemmo i dati e andammo via». È stato poi il medico del tribunale di Roma, Giovanni Battista Ferri, a sottolineare come Cucchi, nelle celle della città giudiziaria, «disse di avere dolori alla zona sacrale e agli arti inferiori. Camminava da solo, al massimo appoggiandosi con la mano al muro. Era leggermente curvo, scaricava parte del peso sul muro; chiese un farmaco che prendeva abitualmente. Secondo me le sue erano lesioni da evento traumatico, e dal dolore sembravano lesioni recenti, ma lui rifiutò di farsi visitare». E alla richiesta sul come si fosse procurato quel dolore, la risposta fu «che era caduto dalle scale il giorno precedente». La parte finale dell’udienza di oggi è stata dedicata all’esame degli agenti della Penitenziaria incaricati di portare i detenuti dal tribunale in carcere. «Vidi per la prima volta Cucchialle celle d’uscita. Non si reggeva in piedi, camminava male, in viso era parecchio rosso, aveva segni evidenti di occhiaie profonde – ha detto l’ispettore superiore Antonio La Rosa – Secondo me quel ragazzo aveva avuto qualche problema, secondo la mia esperienza aveva preso qualche schiaffo, qualche pugno. Era evidente che era stato pestato». E, dopo che il giovane chiese se in carcere ci fosse una palestra e disse che quei dolori erano stati causati da una scivolata dalle scale, un altro detenuto intervenne dicendo: ‘Ma quale caduta dalle scale, lui ha avuto un incontro di boxe? solo che lui era il sacco’«. Prima dell’inizio dell’udienza c’è stato un sit-in fuori del tribunale. Un centinaio di persone e diverse associazioni – tra cui il collettivo Sapienza clandestina, Alterego Fabbrica dei diritti e Acad – si sono trovati dietro allo striscione “Sappiamo chi è Stato, con Stefano nel cuore, con il sangue agli occhi”.

Ercole Olmi
Da popoffquotidiano.it/