Si è da poco conclusa la prima udienza dell’incidente probatorio per la morte di Arafet Arfaoui, il trentunenne deceduto ad Empoli durante un fermo di polizia all’interno di un money trasfert il 17 gennaio 2019.
Il GIP ha conferito l’incarico al perito dottor Pelosi della medicina legale di Modena che verrà affiancato da un Tossicologo.
I periti dovranno rispondere al quesito del GIP, di cui riportiamo l’estratto in quanto molto significativo nel porre l’asfissia come possibile causa del decesso:
“Dica il perito quale sia stata la morte di Arafet Afaoui, tenuto conto degli esiti dell’esame tossicologico e di eventuali patologie pregresse di cui lo stesso dovesse soffrire e verifichi in particolare se abbia avuto incidenza causale nella determinazione della sua morte la posizione nella quale egli è stato tenuto fermo dal personale della Polizia di Stato – in posizione prona, ammanettate le mani e legate le gambe per un tempo di circa 15 min – . In particolare dica se tali specifiche circostanze di fatto possano aver determinato o concorso a determinare la morte per carenza d’ossigeno rispetto al fabbisogno cardiaco.”
Tutte le parti hanno nominato i propri medici legali che affiancheranno il perito in qualità di consulenti tecnici.
Ritroviamo dei nomi tristemente noti nelle vicende processuali relative agli abusi in divisa, a partire dall’ avvocato Maresca, già difensore dei tre carabinieri coinvolti nell’omicidio di Riccardo Magherini, ora difensore di 2 dei 5 poliziotti imputati per omicidio colposo nella morte di Arafet.
E la medico legale Focardi già incaricata dal PM sempre nel caso Magherini.
Ma soprattutto ci lascia sbigottiti la nomina da parte del GIP di Pelosi, in quanto è stato medico legale di parte difensore dei carabinieri che hanno ucciso Magherini.
La difesa di Arafet va avanti con l’Avv. Conticelli, legale della moglie e di Acad, l’Avv. Vitale, legale della famiglia e i medici legali Bugelli di Firenze e la Professoressa Neri di Ferrara, grande esperta di morte per asfissia posizionale.
Le operazioni relative alla perizia inizieranno il 22 ottobre e dureranno 90 giorni. È fissata per il 25 febbraio l’udienza per la discussione dell’incidente probatorio la quale dovrà chiarire cosa è accaduto in quei momenti che hanno portato Arafet alla morte.
Ricordiamo ancora una volta che Arafet è morto nelle mani delle forze dell’ordine, come successo già tante, troppe altre volte.
Arafet è morto con le manette ai polsi e i piedi legati da una corda, è morto nelle mani di cinque agenti, due intervenuti subito, tre sopraggiunti successivamente sul posto, che si alternavano, in tre a turno, per contenerlo a terra, legato.
È morto mentre cercava di spedire i soldi ai suoi cari lontani.
È morto dopo una colluttazione che possiamo solo immaginare nel bagno del locale privo di telecamere, ma scritta sui 23 segni di ecchimosi ed escoriazioni rilevate sul corpo di Arafet.
È morto dopo 15 minuti di contenimento in posizione prona con i poliziotti che continuavano a tenerlo a terra nonostante avesse smesso ormai di muoversi, parlare e lamentarsi.
Arafet è morto tra lancinanti gemiti di sofferenza registrati durante la telefonata fatta al 118 in quei tragici momenti.
È morto con un consistente edema polmonare, tale da rendere un polmone grande il doppio dell’altro. È morto tra paura, panico e patimenti.
È morto con gli operatori del 118 che hanno atteso oltre 5 minuti prima di occuparsi di lui.
NON MOLLEREMO MAI QUESTA LOTTA.
BASTA IMPUNITÀ PER LE DIVISE.
VERITÀ PER ARAFET.