Alcuni film vanno visti spalla contro spalla, per farsi forza davanti alla brutalità del reale che rappresentano. Sulla mia pelle è uno di questi.
Il 12 ottobre condivideremo questa esperienza con chi porta le cicatrici della storia di Stefano, con chi ha lottato e lotta perché per lui, e per i tanti altri che hanno subito abusi, ci sia giustizia. Con chi Stefano ha avuto il coraggio di interpretarlo e raccontarlo.
Venerdì 12 ottobre, dalle ore 20:00 a Garbatella, PROIEZIONE di “Sulla mia pelle” e incontro con:
Ilaria Cucchi
(Sorella di Stefano Cucchi, presidente dell’associazione Stefano Cucchi Onlus)
Avv. Fabio Anselmo
(Legale delle famiglie delle vittime di abusi in divisa)
Alessandro Borghi
(Attore, interprete di Stefano Cucchi in “Sulla mia pelle”)
Alessio Cremonini
(Regista di “Sulla mia pelle”)
Ilaria Cucchi: «Perché Stefano fu spedito a Regina Coeli e non in ospedale?»
Cucchi bis, la testimonianza del medico del tribunale e degli agenti della penitenziaria: «Era evidente che lo avevano pestato»
«All’udienza di oggi, tra gli altri, ha reso deposizione il dottor Ferri che presta servizio nelle celle di sicurezza del Tribunale di Roma – scrive Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano – dopo aver parlato delle ecchimosi al volto di Stefano quando lo visitò dopo l’udienza di convalida del suo arresto ha descritto il suo dolore alla schiena e la sua difficoltà a camminare. Doveva appoggiarsi al muro per scaricare il peso divenuto insopportabile per la sua povera colonna vertebrale rotta in due punti. Ha parlato con l’espressione in volto apparentemente priva di qualsiasi emozione, quasi con un mezzo sorriso, non di compiacimento per il dolore di mio fratello ma per il proprio ruolo. Quando però il mio avvocato gli ha chiesto cosa avrebbe fatto se si fosse trattato di un suo paziente del suo ambulatorio privato lui ha risposto che “tra gli altri avrebbe ordinato accertamenti radiologici”. Ma Stefano Cucchi evidentemente non era un suo paziente perché lo ha mandato in carcere. Allora mi chiedo: ma cos’era per lui?».
Non si reggeva in piedi e camminava male. Era evidente che era stato pestato: uno dopo l’altro, nonostante alcuni “non ricordo”, anche i più recalcitranti fra i testi, hanno dovuto ammettere che le Cucchi era davvero malridotto dopo l’arresto, l’interrogatorio e una notte in guardina, ospite dei carabinieri. Cinque di loro sono sotto processo e tre devono rispondere dell’omicidio preterintenzionale di un ragazzo arrestato per droga. Sul banco dei testimoni sono salite nove persone, tutte già sentite nel precedente processo, quello che vedeva imputati sei medici, tre infermieri e tre agenti della Penitenziaria (infermieri e agenti poi assolti in via definitiva, mentre per i medici è in corso il terzo processo d’appello). In aula si è partiti dalla presenza di Cucchi nella caserma dei carabinieri di Tor Sapienza dopo l’arresto, quando le sue condizioni di salute consigliarono l’intervento di un’ambulanza. «Trovai Cucchi dentro una cella poco illuminata. Era disteso sul letto, rivolto verso il muro e coperto fino alla testa. Lo salutai, e mi rispose ‘Non ho bisogno di niente’», ha detto in aula l’infermiere Francesco Ponzo. «Lo vidi in viso per pochi secondi, aveva pupille normali e una ecchimosi nella zona zigomale destra. Gli dissi ‘Vieni con me, andiamo in ospedale. Se hai qualche tipo di problema, poi magari ne parliamo in separata sedè. Per la mia insistenza, lui si irritò. Alla fine risalimmo, prendemmo i dati e andammo via». È stato poi il medico del tribunale di Roma, Giovanni Battista Ferri, a sottolineare come Cucchi, nelle celle della città giudiziaria, «disse di avere dolori alla zona sacrale e agli arti inferiori. Camminava da solo, al massimo appoggiandosi con la mano al muro. Era leggermente curvo, scaricava parte del peso sul muro; chiese un farmaco che prendeva abitualmente. Secondo me le sue erano lesioni da evento traumatico, e dal dolore sembravano lesioni recenti, ma lui rifiutò di farsi visitare». E alla richiesta sul come si fosse procurato quel dolore, la risposta fu «che era caduto dalle scale il giorno precedente». La parte finale dell’udienza di oggi è stata dedicata all’esame degli agenti della Penitenziaria incaricati di portare i detenuti dal tribunale in carcere. «Vidi per la prima volta Cucchialle celle d’uscita. Non si reggeva in piedi, camminava male, in viso era parecchio rosso, aveva segni evidenti di occhiaie profonde – ha detto l’ispettore superiore Antonio La Rosa – Secondo me quel ragazzo aveva avuto qualche problema, secondo la mia esperienza aveva preso qualche schiaffo, qualche pugno. Era evidente che era stato pestato». E, dopo che il giovane chiese se in carcere ci fosse una palestra e disse che quei dolori erano stati causati da una scivolata dalle scale, un altro detenuto intervenne dicendo: ‘Ma quale caduta dalle scale, lui ha avuto un incontro di boxe? solo che lui era il sacco’«. Prima dell’inizio dell’udienza c’è stato un sit-in fuori del tribunale. Un centinaio di persone e diverse associazioni – tra cui il collettivo Sapienza clandestina, Alterego Fabbrica dei diritti e Acad – si sono trovati dietro allo striscione “Sappiamo chi è Stato, con Stefano nel cuore, con il sangue agli occhi”.
Ercole Olmi
Da popoffquotidiano.it/
Aggiornamento Processo Cucchi Bis
Udienza ennesima per l’omicidio di Stefano Cucchi. Acad c’era. Nove testimoni: i barellieri che lo videro in caserma la notte, la scorta della penitenziaria che lo prese in carico dopo l’udienza e il medico della città giudiziaria. Tutti concordi: era evidente che l’avessero pestato, camminava curvo, anzi storto, appoggiandosi al muro per scaricate parte del peso sul muro, non reggeva il passo degli altri, chiese un farmaco che prendeva abitualmente, per andare in carcere nemmeno lo ammanettarono, così stabilì il caposcorta, perché non si sarebbe potuto tenere al sedile del pullman, arrivato a Regina Coeli non ce la faceva a salire le scale. Aveva gli occhi gonfi, quello di destra più marcatamente e anche la mandibola dalla stessa parte. Nemmeno ce la fece a spogliarsi per la perquisizione di rito, né a chinarsi, eppure ci provava. Tutti gli chiesero cosa gli fosse successo, meno la giudice che lo spedì in galera anche con le carte sbagliate (risultava essere un albanese di sei anni più grande e senza fissa dimora), meno l’avvocato d’ufficio ché i carabinieri non vollero avvisare quello che aveva indicato lui. Si ricomincia l’11 ottobre.
Roma: Processo per l’omicidio di Stefano Cucchi
Dal presidio di Piazzale Clodio, l’Avv. Riccardo Bucci ci aggiorna di quanto è avvenuto nell’aula di udienza della Corte d’Assise di Roma e della solidarietà che centinaia di giovani hanno voluto portare alla famiglia di Stefano Cucchi, in occasione della riapertura del processo per la sua morte.
Continueremo con gli aggiornamenti.
Ascolta su: http://radiosonar.net/roma-processo-per-lomicidio-di-stefano-cucchi/
Presidio solidale al processo Cucchi-Bis
Presidio solidale al processo Cucchi-Bis.
La Pelle di Stefano è la pelle di tutti noi.
Giovedi 27 settembre, ore 9:30, Tribunale Penale di Roma, Piazzale Clodio.
9 anni fa moriva Stefano Cucchi. Da allora, la verità su quei maledetti sette giorni ancora non è emersa. Dopo un primo lungo processo, conclusosi con un nulla di fatto e l’assoluzione degli appartenenti alla polizia penitenziaria e dei medici indagati, un nuovo procedimento penale, denominato Cucchi-bis, sta cercando di fare luce sugli elementi, vecchi e nuovi, mai o non del tutto analizzati.
Cinque Carabinieri, gli stessi che incontrarono Stefano quella notte, si trovano oggi ad essere indagati. Dopo la prima parte di udienze, in cui si è svolto l’esame dei testimoni dell’accusa, il 27 Settembre 2018 inizieranno le deposizioni dei testimoni, chiamati dalla difesa dei cinque Carabinieri indagati. Un momento fondamentale per il futuro di questa storia si sta svolgendo, pertanto, tra le mura del Tribunale Penale di Piazzale Clodio.
Il pratone della Sapienza, gremito in maniera irraccontabile, ha sancito una presa di posizione di questa città: le vicende di Stefano non sono esclusivamente un fatto di cronaca e una città umana e solidale si è stretta nella commozione e nella rabbia guardando il film “Sulla mia pelle”, che tanto ha fatto arrabbiare i sindacati di polizia.
Ma non ci fermiamo qui, quella spinta popolare della proiezione del 14 Settembre va riportata nelle piazze per mostrare la vicinanza alla famiglia di Stefano, che nonostante gli innumerevoli attacchi, combatte ancora con le unghie e con i denti.
Perché siamo stanchi degli abusi di chi indossa una divisa.
Perché ne abbiamo abbastanza di una parte di magistratura silente e complice.
Perché la pelle di Stefano, in fin dei conti, è la pelle di tutti noi.
Giovedì 27 Settembre, ore 9:30 Piazzale Clodio.
Per Stefano e per tutti coloro che non sono stati raccontati.
Esserci, ora più che mai.
Sapienza Clandestina
ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa – Onlus
Alterego – Fabbrica dei diritti
Luci della città/Stefano Cucchi
Domenica 21 gennaio
Csoa Forte Prenestino
Ore:17.00 nel foyer di TEATROFORTE incontro
FRAGILITA’ e ABUSI- Il teatro come racconto politico. Parteciperanno:
Rita e Giovanni Cucchi, Scarceranda – Radio Onda Rossa, ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa – Onlus, Teatroforte, Pino Carbone, Francesca De Nicolais.
ore 18.30 spettacolo
LUCI DELLA CITTA’/STEFANO CUCCHI
con: Francesca De Nicolais
regia: Pino Carbone
La sensazione è quella di assistere a uno spettacolo che non dovrebbe avere luogo.
Perché di Stefano Cucchi, a teatro, non si dovrebbe parlare.
Perché è una storia che nessuno vuole sentire. Perché non c’è niente da rappresentare.
Un ragazzo di 31 anni è morto mentre era sotto la custodia dello Stato, per usare un’espressione da libro di denuncia, o da teatro di narrazione.
Per usare un’espressione che userebbe chi riesce a restare virtuosamente lucido di fronte alle tragedie.
Io questa virtù non la possiedo, quindi “perdonate la mia incoscienza incivile”.
Un ragazzo di 31 anni è morto. punto.
È entrato in carcere sulle sue gambe, è uscito cadavere dal reparto di medicina protetta di un ospedale una settimana dopo. punto.
Senza poter vedere i suoi familiari. punto.
Senza potersi neppure cambiare i vestiti e la biancheria. punto.
Sul suo corpo sfigurato vistosi segni. punto.
In quel letto d’ospedale i sudori acidi di una solitaria astinenza. punto.
E a capo.
In scena, l’attrice fa la regia a se stessa, passando per Charlot , il vagabondo nei cui panni, sempre troppo grandi per il suo esile corpo, Charlie Chaplin ha vestito tutti gli ultimi, e nel film “Luci della città” si improvvisa improbabile boxeur, come lo era Stefano Cucchi, che praticava boxe a livello amatoriale. Un improbabile peso piuma.
Nell’epoca in cui tutti reclamano spiegazioni razionali, la parola, il corpo, l’azione, reclamano il loro diritto ad essere anche parola, corpo e azione poetica. Anche invocazione. Anche bestemmia. Anche ritmo o soltanto rumore. Rivendicano il loro diritto alla scostumatezza. I peggiori delitti si sono consumati in nome della buona educazione.