Firenze: processo Magherini, aggiornamenti del 9 febbraio
Terzo aggiornamento
L’udienza è proseguita fino alle 15e45 con le deposizioni dell’appuntato Corni e della volontaria della Croce Rossa Janeta Mitrea, in forte contrasto le due versioni.
Dalla deposizione dell’appuntato Corni emergono delle dichiarazioni che lasciano sdegno e rabbia, vista la realtà dei fatti.
Per citare le parole di Andrea Magherini: “Corni, 80 kg di bugie”.
Ecco un estratto delle sue dichiarazioni:
Corni dichiara: “Quando è arrivata l’ambulanza abbiamo spiegato la situazione ed abbiamo anche precisato che eravamo pronti a togliere le manette se necessario per medicare, ma dopo il sedativo” (di fatto le manette non sono mai state tolte).
“Ho pensato fosse una quiete apparente. Non ci siamo accorti che stava male, io non sono in grado di valutarlo. Ho pensato, visto lo sforzo che aveva fatto, che poi si fosse placato, di solito accade così”
“Castellano gli teneva la testa per impedire che Magherini si facesse del male perché sbatteva la testa in terra” “Una persona in terra è pericolosa per noi ed anche per lui… dobbiamo fare in modo che il soggetto non si faccia male” (dato il risultato non ci sono parole per commentare).
“Non ho sentito nessuno dire -no i calci no-”.
“Non ho dato calci, ho solo messo la pianta del piede, tenendo il tallone a terra, sulla spalla per girargli il braccio, forse chi era dietro può aver avuto la percezione che dessi calci, ma muovevo solo i piedi per non perdere l’equilibrio” (?????)
(Nega di aver dato calci, nega di aver fatto pressioni sul torace, nega il ginocchio sul collo, nega che i civili presenti si fossero interessati sulle condizioni di salute di Riky, nega di aver sentito “dagliene ancora”.
Riccardo per i 4 CC sembra non essere morto.)
Gli viene chiesto: “Quando si è tranquillizzato qualcuno si è rivolto a Riccardo?” risponde “ No… Perché certi soggetti anche quando si sono calmati possono ancora fare del male, gli stavamo tutti a distanza di sicurezza, circa un metro. Quando si è tranquillizzato ho sollecitato l’arrivo del medico perché era ancora pericoloso, calci, morsi ed autolesionismo” “Mentre si dimenava ho visto chiaramente che sbatteva la testa su un fianco”
(E se è morto, per i CC, è morto da solo.)
Quella raccontata dai testimoni civili e dai medici e volontari della croce Rossa sembra invece un’altra storia, come in parte emerge dalla seguente deposizione di Mitrea, volontaria della Croce rossa:
Già in fase iniziale emerge un grave errore di valutazione in quanto “Il codice era un “giallo” quindi su strada di media gravità non c’erano altri codici che segnalassero il bisogno di un medico”
La collega Claudia Madda si avvicina ed inizia a chiamarlo, ma Riccardo non rispondeva. ..
La collega “due volte chiese ai carabinieri se era possibile togliere le manette” a Riccardo Magherini, per valutare le sue condizioni, ma “le risposero che era pericoloso, perché solo in quattro erano riusciti a tranquillizzarlo”.”Non mi impedirono di avvicinarmi – ha aggiunto – ma se mi dicono che è pericoloso è chiaro che non devo avvicinarmi”. La collega, che aveva più esperienza -Claudia Madda-, lo fece: “Ma per mettere il saturimetro – ha detto la volontaria – si è dovuta far spazio fra due carabinieri ” e che poi il saturimetro “non funzionava” mentre “Quando il saturimetro è stato messo ad ascenzi funzionava”. La volontaria ha poi detto di aver visto “un carabiniere a cavalcioni su Magherini” e che la collega Claudia, ascoltata a sommarie informazioni in una stanza dell’ospedale, accanto al cadavere di Magherini, ha raccontato che non stava bene, “era in una stanza piccola con due cc che sembravano aggredirla, no non è giusto aggredire –si corregge- però insistevano tanto, e lei faceva no con la testa, ma non so cosa dicevano. Quando è uscita ha detto che aveva dovuto dire cosa volevano loro. Omettendo il ginocchio sulla schiena e facendogli dire che magherini respirava.”
Sui reperti aggiunge che “la casella -non cosciente- è stata barrata dopo che era arrivato il medico e magherini era già in arresto. È stata barrata anche la casella –respira- perché Claudia aveva avuto quella sensazione. Però eravamo tutti molto stanchi, disperati,è non sapevamo cosa mettere.”
In ultimo L’avvocato Maresca chiede la decadenza della contestazione di percosse su Corni.
L’Avv. Anselmo si oppone e ricorda che lui stesso voleva contestare le lesioni.
Il giudice rinvia all’udienza del primo marzo per la deposizione di Claudia Madda e dei consulenti tecnici medico legali.
Anche oggi, come in tutte le altre udienze, tante le persone in aula a fianco della famiglia Magherini per dare sostegno alla lotta di verità e giustizia per Riky.
Solidali con la Famiglia Magherini e vicini al loro dolore per tutto quello che stanno continuando a subire.
Secondo aggiornamento
E’ da poco terminata la deposizione dell’appuntato Ascenzi, uno dei 4 CC imputati per la morte di Riky.
Dalla deposizione emerge chiaramente la volontà di far sparire fin da subito le prove delle percosse subite da Riccardo durante il fermo:
– Ascenzi afferma di non ricordare dei calci;
-il testimone Torretti (il ragazzo che nel video ormai noto grida “no i calci no” viene guarda caso omesso, come dimostra l’annotazione di servizio redatta e firmata dai 4, dalla lista dei testimoni identificati quella notte;
-Ascenzi non ricorda/non ha sentito neanche le parole del maresciallo Castellano rivolte allo stesso Torretti: “non rompere i coglioni”;
-dichiara inoltre che il forte dolore alla testa causato dal continuo comportamento violento del Magherini (che aveva prodotto sulla sua testa UN GRAFFIO!!!) ha forse generato in lui un po’ di confusione che ha presumibilmente prodotto la dimenticanza di cui sopra, o forse questa omissione del testimone Torretti è avvenuta perchè non lo riteneva importante. Nonostante questo dichiara di aver svolto regolarmente il suo lavoro inserendo gli altri testimoni e sottolineando l’importanza della Cassai in quanto “lei doveva sporgere denuncia per richiedere i danni alla sua macchina”, il Doblò bianco danneggiato dal Magherini quella notte, quando la stessa Cassai, nella sua testimonianza in un’ udienza precedente ha dichiarato fin da subito che NON voleva esporre denuncia per richiesta danni.
-Dopo aver ricevuto domanda dall’avvocato Maresca (difensore dei 4 CC) se si fosse per caso accorto delle lesioni che Riccardo aveva sul volto, e dopo che più volte lo stesso Ascenzi ha affermato di non aver visuale per visualizzare il volto di Riky, ha affermato che Riccardo nel suo continuo dimenarsi e strusciarsi a terra sicuramente si è creato le lesioni DA SOLO.
-L’avvocato Maresca inoltre, per sottolineare il perfetto operato dei suoi assistiti, fa notare che nelle volanti i CC avevano lasciato inutilizzati i “manganelli Tonfa” in loro dotazione, come se fosse un elemento in più per negare che ci sia stata violenza da parte dei carabinieri in quel fermo.
Forse qualcuno si è dimenticato di dire a Maresca che Riky è morto?
Ora in corso la deposizione dell’appuntato Corni.
Primo aggiornamento
È da poco iniziata una nuova udienza del processo per la morte di Riccardo Magherini.
Si stanno svolgendo le testimonianze dei consulenti di parte civile sugli elementi audio e video disponibili su quella notte. “Salvatemi, salvatemi, salvatemi” “chiamate un ambulaza” gridava Riky accerchiato dai 4 carabinieri.
Tra poco inizierà l’esame degli imputati.
Verità per Riky.
Abolire il carcere
UNA LUCE PER CIRO Fiaccolata a Torino
Ciro Lo Muscio viene investito e ucciso il 29 dicembre 2015 da un auto civetta della polizia lanciata a forte velocità in Corso Grosseto a Torino. Molti testimoni hanno visto l’accaduto e raccontano di una velocità assurda e di un impatto violentissimo. La volante era in servizio ma non rispondeva ad alcuna chiamata di emergenza e viaggiava senza l’utilizzo della sirena e dei lampeggianti. Ad un mese dall’accaduto vogliamo ricordare Ciro e chiedere verità e giustizia attraverso una manifestazione pacifica che tornerà sul luogo dell’incidente e arriverà fino sotto casa di Ciro e della sua famiglia.
VERITA’ E GIUSTIZIA PER CIRO LO MUSCIO
Venerdì 29 gennaio 2016 alle ore 20:30
Corso Grosseto, 10147 Torino
Caso Uva, il colpo di spugna della pubblica accusa
La pm di Varese chiede l’assoluzione con formula piena degli otto, tra agenti di polizia e carabinieri, imputati per l’omicidio preterintenzionale di Giuseppe Uva
di Ercole Olmi popoffquotidiano.it
In due ore scarse la pm di Varese ha sostanzialmente liquidato il caso Uva, morto il 14 giugno del 2008. La requisitoria, infatti, s’è conclusa chiedendo l’assoluzione con formula piena dei carabinieri e degli agenti di polizia, in tutto otto imputati di omicidio preterintenzionale, perché non ci sarebbe prova delle percosse quindi nemmeno si porrebbe il nesso causale tra queste e il decesso dell’uomo avvenuto alcune ore dopo, il fermo in ospedale. Il pm ha voluto stroncare – almeno ci ha provato visto che le controdeduzioni della parte civile proveranno a smontarne il ragionamento il prossimo 29 gennaio – le perizie sulla causa di morte che i periti hanno individuato nella tempesta emotiva scatenata da percosse contenzione e stato alcolemico di Giuseppe Uva, la cosiddetta teoria del trigger. Tutto dentro un ragionamento che ha scelto, tra quelli forniti dalle testimonianze, solo gli argomenti non contraddicono la tesi assolutoria, il colpo di spugna su una oscura vicenda di malapolizia. Tra i passaggi più clamorisi quello in cui la pm ha sostenuto che Uva è stato arrestato ma solo momentaneamente privato della libertà per tutelare la sua salute e non continuasse a delinquere. Altrimenti c’era il rischio che si facesse male? Più male di come s’è sentito nelle mani di otto tutori dell’ordine, stando alla testimonianza dell’amico fermato con lui quella notte.
E nemmeno ci sarebbe la prova che i pantaloni sporchi di sangue, consegnati da Lucia Uva, la sorella dell’uomo morto, fossero gli stessi indossati quella sera. Lucia, inoltre, avrebbe toccato impropriamente il cadavere. Il processo rischia di rovesciarsi sulle vittime. L’unica consolazione, come segnala Fabio Ambrosetti, legale della famiglia Uva, l’ammissione che il pm in carica fino allo scorso anno, Agostino Abate, non ha fatto a suo tempo le indagini dovute.
Erano le 2,55 del 14 Giugno 2008, si può leggere sul sito di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa che anche stamattina era presente in aula con alcuni attivisti: in una stanza del comando provinciale dei carabinieri di via Aurelio Saffi si trovava Giuseppe Uva denunciato a piede libero insieme al suo amico Alberto Biggiogero per “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.” Giuseppe quella sera era in giro per la città con il suo amico Alberto Biggiogero. Un po’ alticci i due arrivano all’altezza di via Dandolo e per goliardia spostano alcune transenne con l’intenzione di chiudere la strada al traffico. Ridono, urlano, fanno confusione, troppo per gli abitanti del quartiere che chiamano i carabinieri. Sul luogo arriva una gazzella con a bordo il brigadiere Paolo Righetto e l’appuntato capo Stefano Dal Bosco. La fase del fermo e dell’arresto – raccontata da Biggiogero – discorda con quella messa a verbale: all’arrivo della gazzella il brigadiere Righetto scende dalla macchina urlando: ”Uva proprio te cercavo stanotte, questa non te la faccio passare liscia, questa te la faccio pagare!”. Inizia quello strano inseguimento a piedi tra Uva e il brigadiere che quando lo raggiunge lo scaraventa a terra e comincia a malmenarlo. Alberto interviene ma viene spinto via e finisce addosso all’altro agente che lo schiaffeggia accusandolo di averlo urtato volontariamente. Nel frattempo Uva viene trascinato verso la gazzella e scaraventato sui sedili posteriori. Il brigadiere continuava a inveire contro di lui prendendolo a calci e pugni. Giuseppe chiede aiuto ma Alberto non può intervenire in quanto immobilizzato dal secondo agente. In quel frangente arrivano due volanti della polizia e viene intimato a Biggiogero di salire in macchina. Lui chiede di andare con il suo amico ma la polizia, per tutta risposta gli mostra il manganello e gli chiede se abbia voglia di provarlo. A quel punto la gazzella con Giuseppe parte e Alberto non vedrà più il suo amico vivo, il peggio deve ancora arrivare. In caserma Alberto sente distintamente le urla dell’amico, ogni volta che chiede di smetterla con il pestaggio viene minacciato dagli agenti fino a che non decide di chiamare il 118 dal suo cellulare per richiedere un ambulanza. L’operatore del 118 dice ad Alberto che avrebbe mandato l’ambulanza ma al termine della telefonata anziché inviare il mezzo il 118 chiama la caserma per avere conferma. Gli viene risposto che non c’è bisogno di alcuna ambulanza e che la chiamata è stata effettuata da due ubriachi a cui adesso avrebbero tolto il cellulare. Alle 6 sono gli stessi carabinieri a chiamare il 118 per far portar via Giuseppe Uva. Alle 11.10, otto ore dopo l’arresto e quattro dopo il ricovero Uva è un uomo morto.
Testimoni a Torino per Ciro Lo Muscio
ATTENZIONE TESTIMONI A TORINO PER CIRO LO MUSCIO
CON PREGHIERA DI MASSIMA DIFFUSIONE e CONDIVISIONE
scrivi alla mail veritaperciro@gmail.com
La notte del 29 dicembre 2015 intorno alle ore 21.00 Ciro Lo Muscio viene investito e ucciso da un auto civetta della Polizia senza sirena e senza simboli che sembra viaggiasse a forte velocità lungo corso Grosseto a Torino, all’altezza del civico 58.
Ciro è un uomo di 39 anni ed è appena sceso dall autobus 2 che viaggiava in direzione Don Bosco.
Quello che ad oggi sappiamo è questo:
– 29 dicembre 2015 alle ore 21 circa, Ciro è sull’autobus 2 in direzione Don Bosco. Cinquanta metri prima dell’incrocio con via Ala di Stura scende alla fermata ed attraversa la strada.
– Corso Grosseto è una strada andata/ritorno composta da viale centrale di tre corsie (la prima preferenziale per i mezzi di trasporto pubblico) e controviale con una corsia ed auto parcheggiate. Il fatto è accaduto tutto nelle tre corsie del viale.
– Si sa che l’auto è un’utilitaria fiat punto “civetta” delle FF.OO., che non era una pattuglia di zone e che non ci sono segni di frenata lungo il tragitto prima dell’impatto. La pattuglia non stava rispondendo a chiamate di emergenza e non era impegnata in quel momento in nessuna operazione.
– Sappiamo che alcuni condomini dei palazzi intorno hanno da subito circondato la vettura che stava a circa 80 metri dal punto d’impatto e che fino all’arrivo della polizia stradale nessuno degli occupanti del mezzo è sceso.
– infine si sa che la vittima è rimasta sola parecchi minuti prima dei soccorsi, all’arrivo della polizia stradale i due occupanti della punto sono stati portati via dalle pantere; a nessun parente è stato concesso di vedere la salma fino al giorno 4 sera presso la camera ardente e lo stesso giorno hanno concesso il nulla osta all’ossequie ed il 5 è stata fatta sepoltura.
L’Associazione ACAD e i Familiari di Ciro chiedono a CHIUNQUE SIA STATO TESTIMONE dell INCIDENTE (anche non per fini giudiziari ma anche solo informativi) di mettersi in contatto con Noi scrivendo alla mail veritaperciro@gmail.com specificando nel titolo “per Ciro Lo Muscio”.
I Familiari di Ciro – ACAD Ass. Contro Gli Abusi in Divisa