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-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

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L’archivio NCLN supporta ACAD

Scegliere in modo sistemico di supportare o reprimere una fazione politica in base alle proprie simpatie è UN ABUSO DI POTERE.
Il caso dell’assalto al Campidoglio ne è un esempio lampante.
Per questo motivo l’archivio #NCLN supporta ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa – Onlus

Acquistando questo poster (formato superA3, cartoncino) andrai a sostenere con 15€ il lavoro di questa importantissima associazione.

Lo trovi insieme agli altri materiali dell’archivio su: https://www.etsy.com/

Alessandria: presentazione Federico Ovunque con l’autore Daniele Vecchi

Una notte d’autunno, il 25 settembre del 2005, 4 poliziotti strapparono agli affetti più cari la vita di un ragazzo.
Federico aveva solo 18 anni e la sua unica colpa fu trovarsi nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
“Un’incredibile macchina del fango provò in tutti i modi a screditare la sua figura”. Una consuetudine consolidata messa in atto contro le vittime di violenze commesse da FO, a cui molte volte abbiamo assistito. Testimonianza di un male profondamente radicato nelle istituzioni.
Il 1 Dicembre 2017 fu impedito ai tifosi della Spal di introdurre sugli spalti dello Stadio Olimpico di Roma la bandiera raffigurante il viso di Federico. Acad lanciò la campagna #FedericoOvunque. Curve, ultras, semplici tifosi, disobbedirono ai divieti di coloro che vorrebbero negare la sua memoria.
“Federico ovunque nasce per raccontare questo ennesimo scandalo ma anche per festeggiare la determinazione con cui una parte importante del movimento ultras ha sfidato la legge in nome della verità e della giustizia per Aldro e tutte le vittime degli abusi in divisa.

Caso Casalnuovo, per la Cassazione il maresciallo Cunsolo è innocente: rigettato il ricorso della famiglia

“Una mazzata”
Caso Casalnuovo, per la Cassazione, riunitasi ieri, il maresciallo Cunsolo è innocente: rigettato il ricorso della famiglia.
Assolto.
Dopo 9 anni di calvario.
Assolto.
Assolto il maresciallo imputato per la morte di Massimo che in quel maledetto 20 agosto 2011 lo condusse alla morte.
Dopo dopo 9 anni di battaglie giudiziarie, denunce e intimidazioni, dopo un’incessante lotta dei familiari e solidali, dopo le tracce di vernice del motorino di Massimo ritrovate sotto la scarpa del maresciallo dalla scientifica di Roma, é emersa la verità, la stessa che era apparsa chiara a molti subito dopo il fatto: Massimo Casalnuovo in quel posto di blocco fu ammazzato da un calcio sferrato dal maresciallo che lo ha fatto impattare con l’asfalto con il suo motorino.
Così Massimo è Stato ucciso, e lo sarebbe stato una volta di più se l’indifferenza e l’omertà delle istituzioni tutte avessero avuto la meglio sulla tenacia di familiari e amici.
Ma per la giustizia italiana tutto questo non conta.
Assolto.
Ancora una volta muore la giustizia.
Abbracciamo i familiari in questo ennesimo dolore ed esprimiamo sconforto e sdegno per questa verognosa sentenza a garanzia dell’impunità per le divise.
Acad-Onlus

AGGIORNAMENTO DAL TRIBUNALE DI FIRENZE PER LA MORTE DI ARAFET ARFAOUI

Si è da poco conclusa la prima udienza dell’incidente probatorio per la morte di Arafet Arfaoui, il trentunenne deceduto ad Empoli durante un fermo di polizia all’interno di un money trasfert il 17 gennaio 2019.
Il GIP ha conferito l’incarico al perito dottor Pelosi della medicina legale di Modena che verrà affiancato da un Tossicologo.
I periti dovranno rispondere al quesito del GIP, di cui riportiamo l’estratto in quanto molto significativo nel porre l’asfissia come possibile causa del decesso:
“Dica il perito quale sia stata la morte di Arafet Afaoui, tenuto conto degli esiti dell’esame tossicologico e di eventuali patologie pregresse di cui lo stesso dovesse soffrire e verifichi in particolare se abbia avuto incidenza causale nella determinazione della sua morte la posizione nella quale egli è stato tenuto fermo dal personale della Polizia di Stato – in posizione prona, ammanettate le mani e legate le gambe per un tempo di circa 15 min – . In particolare dica se tali specifiche circostanze di fatto possano aver determinato o concorso a determinare la morte per carenza d’ossigeno rispetto al fabbisogno cardiaco.”
Tutte le parti hanno nominato i propri medici legali che affiancheranno il perito in qualità di consulenti tecnici.
Ritroviamo dei nomi tristemente noti nelle vicende processuali relative agli abusi in divisa, a partire dall’ avvocato Maresca, già difensore dei tre carabinieri coinvolti nell’omicidio di Riccardo Magherini, ora difensore di 2 dei 5 poliziotti imputati per omicidio colposo nella morte di Arafet.
E la medico legale Focardi già incaricata dal PM sempre nel caso Magherini.
Ma soprattutto ci lascia sbigottiti la nomina da parte del GIP di Pelosi, in quanto è stato medico legale di parte difensore dei carabinieri che hanno ucciso Magherini.
La difesa di Arafet va avanti con l’Avv. Conticelli, legale della moglie e di Acad, l’Avv. Vitale, legale della famiglia e i medici legali Bugelli di Firenze e la Professoressa Neri di Ferrara, grande esperta di morte per asfissia posizionale.
Le operazioni relative alla perizia inizieranno il 22 ottobre e dureranno 90 giorni. È fissata per il 25 febbraio l’udienza per la discussione dell’incidente probatorio la quale dovrà chiarire cosa è accaduto in quei momenti che hanno portato Arafet alla morte.
Ricordiamo ancora una volta che Arafet è morto nelle mani delle forze dell’ordine, come successo già tante, troppe altre volte.
Arafet è morto con le manette ai polsi e i piedi legati da una corda, è morto nelle mani di cinque agenti, due intervenuti subito, tre sopraggiunti successivamente sul posto, che si alternavano, in tre a turno, per contenerlo a terra, legato.
È morto mentre cercava di spedire i soldi ai suoi cari lontani.
È morto dopo una colluttazione che possiamo solo immaginare nel bagno del locale privo di telecamere, ma scritta sui 23 segni di ecchimosi ed escoriazioni rilevate sul corpo di Arafet.
È morto dopo 15 minuti di contenimento in posizione prona con i poliziotti che continuavano a tenerlo a terra nonostante avesse smesso ormai di muoversi, parlare e lamentarsi.
Arafet è morto tra lancinanti gemiti di sofferenza registrati durante la telefonata fatta al 118 in quei tragici momenti.
È morto con un consistente edema polmonare, tale da rendere un polmone grande il doppio dell’altro. È morto tra paura, panico e patimenti.
È morto con gli operatori del 118 che hanno atteso oltre 5 minuti prima di occuparsi di lui.
NON MOLLEREMO MAI QUESTA LOTTA.
BASTA IMPUNITÀ PER LE DIVISE.
VERITÀ PER ARAFET.
TUTTI GLI ALTRI.
Acad-Onlus

 

PRESIDIO AL TRIBUNALE DI FIRENZE PER LA MORTE DI ARAFET ARFAOUI

Giovedì 17 Settembre, dalle ore 11:00 presso il Tribunale di Firenze, avrà luogo la prima udienza dell’incidente probatorio per la morte di Arafet Arfaoui, il trentunenne deceduto ad Empoli durante un fermo di polizia all’interno di un money trasfert il 17 gennaio 2019, con il conferimento dell’incarico al perito medico-legale nominato dal Giudice.
Chiediamo a tutti i sensibili e solidali
di raggiungere il tribunale per far sì che il controllo popolare e la solidarietà seguano fin dalle prime fasi questo importante processo che non può e non deve garantire impunità alle divise coinvolte come troppo spesso accade.
Dopo l’accoglimento dell’opposizione all’archiviazione e la conseguente iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo (reato 589 c.p.) dei 5 poliziotti, il medico e l’infermiera intervenuti, che fu disposta dal Gip lo scorso gennaio, fra pochi giorni si procederà con un’ulteriore perizia medico-legale, affidata ad un altro medico, il quale dovrà chiarire cosa è accaduto in quei momenti che hanno portato Arafet alla morte.
Arafet è morto nelle mani delle forze dell’ordine, come successo già tante, troppe altre volte.
Arafet è morto con le manette ai polsi e i piedi legati da una corda, è morto nelle mani di cinque agenti, due intervenuti subito, tre sopraggiunti successivamente sul posto, che si alternavano, in tre a turno, per contenerlo a terra, legato.
È morto mentre cercava di spedire i soldi ai suoi cari lontani, accusato dal gestore del negozio di possedere 20 euro false.
È morto dopo una colluttazione che possiamo solo immaginare nel bagno del locale privo di telecamere, ma scritta sui 23 segni di ecchimosi ed escoriazioni rilevate sul corpo di Arafet.
È morto dopo 15 minuti di contenimento in posizione prona con i poliziotti che continuavano a tenerlo a terra nonostante avesse smesso ormai di muoversi, parlare e lamentarsi.
Arafet è morto tra lancinanti gemiti di sofferenza registrati durante la telefonata fatta al 118 in quei tragici momenti. È morto con un consistente edema polmonare, tale da rendere un polmone grande il doppio dell’altro. È morto tra paura, panico e patimenti.
È morto con gli operatori del 118 che hanno atteso oltre 5 minuti prima di occuparsi di lui.
Riteniamo che sia importante e fondamentale esserci, in solidarietà alla moglie di Arafet, alla sua famiglia e a sostegno della lotta contro gli abusi delle forze dell’ordine, per questo invitiamo tutte e tutti ad esserci ancora una volta, partecipando al presidio che avrà luogo di fronte ai cancelli del Palazzo di Giustizia, giovedì 17 dalle 11:00 per circa un’ora, fino alla conclusione delle nomine.
BASTA IMPUNITÀ.
VERITÀ E GIUSTIZIA PER ARAFET E TUTTI GLI ALTRI.
Acad-Onlus

Aggiornamenti processo Sekine Traore

Si è tenuta stamattina presso il Tribunale di Palmi una nuova udienza del processo per la morte di Sekine Traore, avvenuta l’8 giugno 2016 nella Tendopoli di San Ferdinando a causa di un colpo di pistola sparato da un carabiniere.
Nell’udienza odierna, il Tribunale in composizione monocratica ha sciolto la riserva sulle richieste di costituzione delle parti civili ammettendo la costituzione del fratello e della sorella di Sekine e rigettando la richiesta, avanzata dalla difesa dell’imputato, di esclusione di ACAD – Associazione contro gli Abusi in Divisa Onlus, già ammessa all’udienza preliminare.
Dichiarata inammissibile invece la richiesta di costituzione di parte civile avanzata da un cugino di Sekine, il parente più stretto che vive in Italia, per il quale il Giudice non ha riconosciuto la legittimazione all’azione civile quale danneggiato dal reato.
Il Giudice ha inoltre accolto la richiesta di citazione del Ministero della difesa in qualità di responsabile civile avanzata dalle parti civili ed ha rinviato all’udienza del 12.02.2021 per le richieste istruttorie e l’esame dei primi due testi dell’accusa.
Continueremo il nostro impegno per fare piena luce sull’ennesima morte nelle nostre campagne e per cercare giustizia per Sekine Traore.
Acad – Associazione Contro gli Abusi in Divisa Onlus
USB – Coordinamento Lavoro Agricolo