“Oggi l’allarme securitario è un tutt’uno con lo spostare l’accento sul decoro, sul senso dello spazio pubblico e su chi ha il permesso di attraversarlo”, così Giuliano Santoro dà il la all’acuta e complessa discussione che la Pisanello presenta nel suo libro.
Le politiche securitarie e repressive attuate nel nostro paese e acuitesi ancor più in questo ultimo anno con i decreti Minniti Orlando, stanno generando un’incessante e profonda trasformazione dello Stato di Diritto, stanno ledendo ancor di più il significato di “diritto”, che sembra essere, laddove ci sia, una generosa concessione, e non piuttosto una pietra salda e radicata, frutto di lotte pagate a caro prezzo, sopra cui chiunque possa poggiarsi. La guerra che si sta portando avanti contro il diverso, lo svantaggiato, l’emarginato rappresenta la lotta per il mantenimento di una “sicurezza” che dai piani alti ci dipingono come conseguenza diretta di tutte le soggettività di cui sopra, ritenute indecorose e che guarda caso meno degli altri possono contare su diritti e tutele.
Il campo su cui si gioca questa brutta partita è lo spazio urbano, che incarna nelle sue diverse espressioni l’immaginario del decoro, così come dell’indecoroso.
La priorità è mettere a valore lo spazio urbano, attraverso fenomeni come la gentrificazione e la creazione delle città-vetrina, fenomeni che hanno chiaramente lo scopo di dividere le nostre città, ampliare i gap e ghettizzare i territori.
Carmen Pisanello affonda in questo immaginario, offrendo un’analisi a tutto tondo sulla questione, attingendo al dibattito pubblico sui media, così come alla cronoca e alla politica.
Ne parliamo con Carmen Pisanello, ACAD (Associazione Contro gli Abusi in Divisa), Mario Oiram (Radio Onda Rossa) e MuriSicuri (progetto solidale).
Aperitivo a sostegno di ACAD
venerdì 16 febbraio dalle ore 18:30
Ingresso grautito
Iniziativa promossa da Csoa Sans Papiers e ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa
Cena di Solidarietà #FedericoOvunque al CPA Fi*Sud
Sabato alle ore 19:30
CPA Firenze Sud
Via di Villamagna, 27/a, 50100 Firenze
Evento FB
Luci della città/Stefano Cucchi
Domenica 21 gennaio
Csoa Forte Prenestino
Ore:17.00 nel foyer di TEATROFORTE incontro
FRAGILITA’ e ABUSI- Il teatro come racconto politico. Parteciperanno:
Rita e Giovanni Cucchi, Scarceranda – Radio Onda Rossa, ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa – Onlus, Teatroforte, Pino Carbone, Francesca De Nicolais.
ore 18.30 spettacolo
LUCI DELLA CITTA’/STEFANO CUCCHI
con: Francesca De Nicolais
regia: Pino Carbone
La sensazione è quella di assistere a uno spettacolo che non dovrebbe avere luogo.
Perché di Stefano Cucchi, a teatro, non si dovrebbe parlare.
Perché è una storia che nessuno vuole sentire. Perché non c’è niente da rappresentare.
Un ragazzo di 31 anni è morto mentre era sotto la custodia dello Stato, per usare un’espressione da libro di denuncia, o da teatro di narrazione.
Per usare un’espressione che userebbe chi riesce a restare virtuosamente lucido di fronte alle tragedie.
Io questa virtù non la possiedo, quindi “perdonate la mia incoscienza incivile”.
Un ragazzo di 31 anni è morto. punto.
È entrato in carcere sulle sue gambe, è uscito cadavere dal reparto di medicina protetta di un ospedale una settimana dopo. punto.
Senza poter vedere i suoi familiari. punto.
Senza potersi neppure cambiare i vestiti e la biancheria. punto.
Sul suo corpo sfigurato vistosi segni. punto.
In quel letto d’ospedale i sudori acidi di una solitaria astinenza. punto.
E a capo.
In scena, l’attrice fa la regia a se stessa, passando per Charlot , il vagabondo nei cui panni, sempre troppo grandi per il suo esile corpo, Charlie Chaplin ha vestito tutti gli ultimi, e nel film “Luci della città” si improvvisa improbabile boxeur, come lo era Stefano Cucchi, che praticava boxe a livello amatoriale. Un improbabile peso piuma.
Nell’epoca in cui tutti reclamano spiegazioni razionali, la parola, il corpo, l’azione, reclamano il loro diritto ad essere anche parola, corpo e azione poetica. Anche invocazione. Anche bestemmia. Anche ritmo o soltanto rumore. Rivendicano il loro diritto alla scostumatezza. I peggiori delitti si sono consumati in nome della buona educazione.
FESTA Tesseramento ACAD 2018 – Per uno Stato che non Tortura
venerdi 15 dicembre 2017 al Cso Sans Papiers, viale Carlo Felice 69 B – zona San Giovanni – Roma –
ore 19.30 Presentazione -Per uno stato che non tortura – Mimesis Edizioni : Il volume è il risultato di un percorso politico e di ricerca iniziato durante il convegno “Senza tortura. Per uno Stato che non uccide” organizzato nel 2014 presso l’Università di Padova dal Master in “Criminologia Critica e Sicurezza Sociale. Devianza, Città e Politiche di Prevenzione”, in collaborazione con l’Associazione Antigone e Ristretti Orizzonti.
Saranno presenti :
Checchino Antonini giornalista di Popoff Quotidiano e collaboratore al libro.
Avv. Paola Bevere – Associazione Antigone
Carmine Cristini (regista di Noise)
In diretta Facebook dalla pagina ufficiale della pagina e audio su www.radiosonar.net
a seguire : Concerti e Djset a cura di Radiosonar.net
ingresso a sottoscrizione o 10 euro con tesseramento valido per il 2018
Federico Aldrovandi, non cancellerete la nostra memoria. Federico è ovunque
Il divieto di far entrare la bandiera con il volto di Federico Aldrovandi, imposto ai tifosi della Spal nella trasferta romana, è un fatto troppo grave; troppo grave per relegare la nostra rabbia solo ai post sui social, troppo grave da necessitare una risposta di tutti.
Federico fu ucciso nel settembre del 2005 a soli 18 anni. Fu ucciso da 4 poliziotti che gli spezzarono il cuore fino a soffocarlo, rompendogli addosso due manganelli fino a procurargli 54 lesioni. “Schegge impazzite” fu la definizione che diede un procuratore generale a quelle persone, prima della loro condanna definitiva in Cassazione.
Quello che ha subito Aldro è una verità storica, oltre che giudiziaria, incancellabile come lo furono i fatti vergognosi successivi alla sua morte: negli applausi dei sindacati di polizia agli agenti condannati, nelle offese alla madre, nelle querele alla madre, nelle dichiarazioni folli e disgustose di certi esponenti istituzionali che hanno negato per anni l’evidenza.
Il divieto imposto ai tifosi della Spal non ha alcuna giustificazione.
E’ un atto di prepotenza e arroganza. E’ un atto da Stato di Polizia.
Abbiamo deciso di non rassegnarci alla denuncia e al racconto: se non volevano Federico in una curva, Federico glielo faremo trovare ovunque.
A pochi giorni dai fatti di Vicenza, dove Luca, un ultrà della Sanbenedettese è finito in coma e tuttora è in ospedale, è necessario mandare un segnale forte contro la violenza e gli abusi di polizia di questi ultimi decenni, affinchè non vi siano mai più altri Federico.
ACAD L’Associazione Contro gli Abusi in Divisa invita tutta la collettività a partire dalle tifoserie e dalle curve, oltre la propria fede e oltre i colori, ad esporre ove sia possibile l’immagine di Federico Aldrovandi con striscioni, magliette, foto, bandiere e qualsiasi mezzo ognuno ritenga più opportuno e ad accompagnare, dove realizzabile, il tutto con l’hashtag #FedericoOvunque.
Chiediamo a chiunque di far apparire Federico in ogni luogo possibile delle nostre città, con la dignità e il rispetto che la famiglia Aldrovandi ci ha sempre insegnato.
Sabato 9 dicembre e domenica 10 dicembre facciamogli vedere che non abbiamo dimenticato quello che hanno fatto a Federico, mostrando Federico ovunque, com’era da vivo.
#FedericoOvunque
#giustiziaeveritàperAldrovandi
#bastaabusi
Per informazioni, comunicazioni, adesioni:
Mail: infoacad@inventati.org
Facebook: ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa – Onlus
Telefono: 3348016641
Segue appello in altre lingue. Leggi tutto
Abusi di Stato: verità insabbiate, impunità garantita
VENERDI’ 15 DICEMBRE
@Spazio Autogestito Grizzly Fano
via della Colonna 130, Fano (PU), zona campo d’aviazione
ORE 21:15
ABUSI DI STATO: VERITA’ INSABBIATE, IMPUNITA’ GARANTITA
Interverranno:
– Maddalena Benanchi (ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa – Onlus)
-Diego Piccinelli ( Ultras Brescia 1911 EX-Curva Nord)
-Rudra Bianzino
In questo paese c’è una costante che si ripete negli anni e sembra inarrestabile: è l’abuso in divisa.
Ultima (in ordine cronologico)la vicenda di Luca Fanesi, ultras della Sambenedettese che lotta fra la vita e la morte, entrato in coma a Vicenza in una situazione ancora tutta da chiarire; di certo c’è che sia stato picchiato alla testa mentre scappava da una carica del reparto mobile intervenuto per sedare un momento di tensione fra le opposte tifoserie.
Da questo ultimo fatto accaduto il 5 novembre scorso ci siam interrogati e abbiamo sentito l’urgenza e la necessità di aprire un momento di confronto aperto in cui poter interagire con soggetti diversi.
Saremmo potuti partire da noi, dal fatto che chi fa delle scelte di vita ritenute sopra le righe in questo sistema diventa già di per sé un possibile bersaglio: per essere chiari, per chi è un attivista, un ultras o un soggetto ritenuto non governabile e non obbediente è più facile comprendere quella che spesso abbiamo definito “repressione” perchè è una costante che si vive sulla propria pelle, ma crediamo che il discorso investa le libertà di tanti e tante e non solo di alcune “categorie”.
Quello che ci preme discutere è il fatto che la violenza di certi reparti (celere,secondini e troppi altri ce ne sarebbero…) sono parte del sistema che gestisce l’ordine pubblico in questo paese; tale ordine è costantemente garantito con l’utilizzo della forza che sempre più spesso diventa libero arbitrio e abuso di potere.
Vogliamo ricordare un caso eclatante del settembre scorso, successo a Firenze, in cui due studentesse americane hanno denunciato di essere state stuprate da due carabinieri in servizio, i quali continuano a difendersi non negando il fatto,ma giustificando l’accaduto accusando le ragazze di essere state ubriache e al contempo, a loro dire, consenzienti.
L’ impunità che viene costantemente garantita alle FdO, il disarmante rituale in cui lo stato si auto-assolve con l’insabbiamento dei fatti e con processi-farsa in cui sempre più spesso la vittima diventa un soggetto che “se l’è cercata”, è ormai diventata una regola.
Viviamo in paese in cui si è impiegato anni per far votare al parlamento una legge sul “reato di tortura” che è stata completamente stravolta e annacquata tanto da essere una legge talmente vaga ed opinabile da aver scatenato durissime reazioni da parte di associazioni che si occupano da sempre della difesa dei diritti umani come “Amnesty International” che si è espressa a riguardo dicendo che
“Quella approvata dal Parlamento, che introduce con quasi 30 anni di ritardo il reato specifico di tortura nel codice penale ordinario, non è una buona legge. É carente sotto il profilo della prescrizione. Se la definizione accolta non può soddisfare, l’ipotesi di rinviare per l’ennesima volta, nella vaga speranza che un nuovo parlamento sapesse fare ciò che nessuno dei precedenti aveva fatto, sarebbe servita solo a chi – e sono ancora in molti – il reato di tortura non lo ha mai voluto, senza se e senza ma e in qualsiasi modo definito, considerandolo contrario agli interessi delle forze di polizia”
Il fatto che ci siano blocchi di potere che in questo paese considerino una legislazione adeguata sul reato di tortura e l’introduzione di codici identificativi per i reparti mobili, una lesione nei confronti delle Fdo è indicativo del contesto culturale in cui viviamo .
L’idea di dover costantemente vivere in un clima di paura in cui la sicurezza (che fa rima sempre più con militarizzazione) è diventata un ossessione che lascia libero arbitrio a operazioni repressive su larga scala e nei confronti di buona parte di cittadini è inaccettabile.
Ci sembra una tematica su cui fra soggetti diversi e con esperienze diverse valga la pena discutere, perchè crediamo che non si possa più morire di carcere(spesso per mano dei carcerieri), che non si debba finire reclusi perchè si ha una pianta d’erba in casa, che non si possa morire mentre si esce da uno stadio solo perchè si ha addosso il marchio “ultras” e che non si possa essere aggrediti perché si manifesta contro il G8 come successe nel massacro alla scuola Diaz di Genova.
Questa iniziativa nasce dalla convinzione che non debba più accadere nessun tipo di abuso giustificato dalla macchina del fango dei media che costantemente avvallano il teorema del
“quello che ti è successo te lo sei andato a cercare”.
Contro ogni abuso,
Verità e giustizia per tutte le vittime!
ALL LIVES MATTER!