ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Aggiornamento processo Traore

Si è tenuta ieri presso il Tribunale di Palmi una nuova udienza del processo per la morte di Sekine Traore, ucciso da un carabiniere nella tendopoli di San Ferdinando nel giugno 2016.
Anche l’udienza di ieri è stata principalmente incentrata sull’esame dei testimoni dell’accusa, ovvero un carabiniere presente al momento dei fatti ed un poliziotto della scientifica intervenuto successivamente per i rilievi.
Il carabiniere ha sostanzialmente confermato quanto già dichiarato in sede di sommarie informazioni, confermando la colluttazione, l’accoltellamento e di conseguenza lo sparo. Il poliziotto della scientifica ha invece illustrato i rilevi effettuati nella tenda e sui reperti rinvenuti, tra i quali il coltello presumibilmente utilizzato per l’aggressione al carabiniere, rilevando però l’assenza di sangue sullo stesso.
Il processo è stato rinviato al 28.01.22, alle ore 15.30, per l’esame dell’ultimo agente operante e dei due medici legali che hanno effettuato l’autopsia sul corpo di Sekine.

Aggiornamento Processo Traore: udienza del 00.04.2021

Si è appena conclusa una nuova udienza del processo per la morte di Sekine Traore, avvenuta l’8 giugno 2016 nella Tendopoli di San Ferdinando.
In data odierna è stato ascoltato un solo teste, un carabiniere, rispetto ai tre citati per oggi.
Sostanzialmente conferma quanto dichiarato in seguito all’intervento, la versione, dunque, del colpo sparato dopo l’aggressione, anche se dichiara di non avrer assistito all’esplosione del colpo e di non essersi reso contro nell’immediato di ciò che stava accadendo.
La prossima udienza è stata fissata per l’11 giugno alle ore 14:30 per ascoltare gli altri due carabinieri e i due poliziotti.

Aggiornamenti processo Traore

Si è tenuta oggi a Palmi (RC) una nuova udienza del processo per la morte di Sekine Traore, ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere durante un intervento nella tendopoli di San Ferdinando nel giugno 2016.
L’udienza si è aperta con nuove eccezioni della difesa dell’imputato riguardo alle costituzioni delle parti civili già ammesse (ovvero ACAD, fratello e sorella di Sekine) nonché dalle eccezioni sulla carenza di legittimazione passiva del Ministero della Difesa quale responsabile civile avanzate dall’Avvocatura dello Stato.
Per la terza volta dall’inizio del processo ci siamo dovuti difendere dai tentativi di estromissione ed anche oggi il Tribunale ha confermato la piena legittimazione di ACAD a stare in giudizio, rigettando tutte le eccezioni della difesa dell’imputato e dell’Avvocatura dello Stato.
Superata definitivamente la fase delle questioni preliminari, il processo è entrato nel vivo con l’esame di due testimoni appartenenti all’arma dei carabinieri.
Prossima udienza il 09/04/21 con l’esame di altri tre testi.

Processo UVA: la Corte Europea dei Diritti Umani ha dichiarato ammissibile il ricorso

“Un calvario durato 13 anni”
Così Lucia Uva, sorella di Giuseppe Uva morto il 14 giugno 2008 dopo un fermo dei Carabinieri a Varese, ci dà la notizia: La Corte Europea dei Diritti Umani ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato da Fabio Ambrosetti, Stefano Marcolini e Fabio Matera, i legali di Lucia Uva, per le seguenti motivazioni:
– Lo Stato italiano non si è adoperato a sufficienza per accertare i fatti perché la lunghezza del processo e l’imperizia delle indagini, non avrebbero consentito al raggiungimento della verità.
– Giuseppe Uva è stato sottoposto a trattamenti inumani e degradanti e comunque a maltrattamenti sia dal punto di vista psicologico che fisiologico in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani.
– Il legislatore italiano ha introdotto nell’ordinamento il reato di tortura solo nel 2017 e, senza questo colpevole ritardo, l’autorità giudiziaria avrebbe potuto disporre di strumenti più adeguati per la valutazione dei possibili comportamenti delittuosi.
– Nel secondo grado di processo, a carico degli appartenti alle forze dell’ordine ci si è limitati ai verbali di primo grado, senza che i testimoni venissero nuovamente ascoltati, in violazione di una precisa disposizione della stessa Cedu.
Oggi per noi è una domenica di sole.
Ricordiamo che la Cedu tende a dichiarare inammissibile l’80% dei ricorsi presentati.
Abbiamo sentito l’avvocato Fabio Ambrosetti, soddisfatto e di poche parole:
“Speriamo di trovare un giudice a Strasburgo”.
Il suo commento ironico lascia intendere che qualcosa in Italia non abbia ben funzionato.
Ancora una volta a fianco di Lucia e di tutta la famiglia Uva in questa ennesima battaglia per arrivare alla verità. Ci siamo e ci saremo!
Acad Onlus

Caso Casalnuovo, per la Cassazione il maresciallo Cunsolo è innocente: rigettato il ricorso della famiglia

“Una mazzata”
Caso Casalnuovo, per la Cassazione, riunitasi ieri, il maresciallo Cunsolo è innocente: rigettato il ricorso della famiglia.
Assolto.
Dopo 9 anni di calvario.
Assolto.
Assolto il maresciallo imputato per la morte di Massimo che in quel maledetto 20 agosto 2011 lo condusse alla morte.
Dopo dopo 9 anni di battaglie giudiziarie, denunce e intimidazioni, dopo un’incessante lotta dei familiari e solidali, dopo le tracce di vernice del motorino di Massimo ritrovate sotto la scarpa del maresciallo dalla scientifica di Roma, é emersa la verità, la stessa che era apparsa chiara a molti subito dopo il fatto: Massimo Casalnuovo in quel posto di blocco fu ammazzato da un calcio sferrato dal maresciallo che lo ha fatto impattare con l’asfalto con il suo motorino.
Così Massimo è Stato ucciso, e lo sarebbe stato una volta di più se l’indifferenza e l’omertà delle istituzioni tutte avessero avuto la meglio sulla tenacia di familiari e amici.
Ma per la giustizia italiana tutto questo non conta.
Assolto.
Ancora una volta muore la giustizia.
Abbracciamo i familiari in questo ennesimo dolore ed esprimiamo sconforto e sdegno per questa verognosa sentenza a garanzia dell’impunità per le divise.
Acad-Onlus

AGGIORNAMENTO DAL TRIBUNALE DI FIRENZE PER LA MORTE DI ARAFET ARFAOUI

Si è da poco conclusa la prima udienza dell’incidente probatorio per la morte di Arafet Arfaoui, il trentunenne deceduto ad Empoli durante un fermo di polizia all’interno di un money trasfert il 17 gennaio 2019.
Il GIP ha conferito l’incarico al perito dottor Pelosi della medicina legale di Modena che verrà affiancato da un Tossicologo.
I periti dovranno rispondere al quesito del GIP, di cui riportiamo l’estratto in quanto molto significativo nel porre l’asfissia come possibile causa del decesso:
“Dica il perito quale sia stata la morte di Arafet Afaoui, tenuto conto degli esiti dell’esame tossicologico e di eventuali patologie pregresse di cui lo stesso dovesse soffrire e verifichi in particolare se abbia avuto incidenza causale nella determinazione della sua morte la posizione nella quale egli è stato tenuto fermo dal personale della Polizia di Stato – in posizione prona, ammanettate le mani e legate le gambe per un tempo di circa 15 min – . In particolare dica se tali specifiche circostanze di fatto possano aver determinato o concorso a determinare la morte per carenza d’ossigeno rispetto al fabbisogno cardiaco.”
Tutte le parti hanno nominato i propri medici legali che affiancheranno il perito in qualità di consulenti tecnici.
Ritroviamo dei nomi tristemente noti nelle vicende processuali relative agli abusi in divisa, a partire dall’ avvocato Maresca, già difensore dei tre carabinieri coinvolti nell’omicidio di Riccardo Magherini, ora difensore di 2 dei 5 poliziotti imputati per omicidio colposo nella morte di Arafet.
E la medico legale Focardi già incaricata dal PM sempre nel caso Magherini.
Ma soprattutto ci lascia sbigottiti la nomina da parte del GIP di Pelosi, in quanto è stato medico legale di parte difensore dei carabinieri che hanno ucciso Magherini.
La difesa di Arafet va avanti con l’Avv. Conticelli, legale della moglie e di Acad, l’Avv. Vitale, legale della famiglia e i medici legali Bugelli di Firenze e la Professoressa Neri di Ferrara, grande esperta di morte per asfissia posizionale.
Le operazioni relative alla perizia inizieranno il 22 ottobre e dureranno 90 giorni. È fissata per il 25 febbraio l’udienza per la discussione dell’incidente probatorio la quale dovrà chiarire cosa è accaduto in quei momenti che hanno portato Arafet alla morte.
Ricordiamo ancora una volta che Arafet è morto nelle mani delle forze dell’ordine, come successo già tante, troppe altre volte.
Arafet è morto con le manette ai polsi e i piedi legati da una corda, è morto nelle mani di cinque agenti, due intervenuti subito, tre sopraggiunti successivamente sul posto, che si alternavano, in tre a turno, per contenerlo a terra, legato.
È morto mentre cercava di spedire i soldi ai suoi cari lontani.
È morto dopo una colluttazione che possiamo solo immaginare nel bagno del locale privo di telecamere, ma scritta sui 23 segni di ecchimosi ed escoriazioni rilevate sul corpo di Arafet.
È morto dopo 15 minuti di contenimento in posizione prona con i poliziotti che continuavano a tenerlo a terra nonostante avesse smesso ormai di muoversi, parlare e lamentarsi.
Arafet è morto tra lancinanti gemiti di sofferenza registrati durante la telefonata fatta al 118 in quei tragici momenti.
È morto con un consistente edema polmonare, tale da rendere un polmone grande il doppio dell’altro. È morto tra paura, panico e patimenti.
È morto con gli operatori del 118 che hanno atteso oltre 5 minuti prima di occuparsi di lui.
NON MOLLEREMO MAI QUESTA LOTTA.
BASTA IMPUNITÀ PER LE DIVISE.
VERITÀ PER ARAFET.
TUTTI GLI ALTRI.
Acad-Onlus