ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Naufragio di Cutro, l’esposto di 43 organizzazioni: «Era prevedibile ed evitabile»

«Il naufragio di Cutro era prevedibile ed evitabile» e le autorità italiane responsabili devono essere chiamate a risponderne. 43 organizzazioni italiane ed europee impegnate nella difesa dei diritti fondamentali hanno presentato un esposto collettivo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone per chiedere di fare luce sul naufragio di domenica scorsa a Steccato di Cutro, costato la vita ad almeno 72 persone, tra cui molti bambini.

«Davanti a così tanti morti e chissà quanti dispersi, è doveroso fare chiarezza» dichiarano le organizzazioni. «Vogliamo dare il nostro contributo all’accertamento dei fatti, non ci possono essere zone grigie su eventuali responsabilità nella macchina dei soccorsi».

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La mattanza in Divisa contro la tifoseria dell’Atalanta

atalanta

In questo articolo, raccoglieremo tutte le testimonianze che ci stanno arrivando dopo i fatti accaduti a Firenze quando la partita di calcio di Coppa Italia era ormai finita, un evento sportivo in cui non sono MAI avvenuti incidenti tra le tifoserie opposte. Né prima, né durante, né dopo il match.
Come Acad, Associazione Contro gli Abusi in Divisa, cogliamo l’occasione per esprimere solidarietà, vicinanza e tutto il supporto necessario alle persone colpite dalla mattanza avvenuta mercoledi sera, dove i veri “teppisti” sono stati agenti in divisa come testimoniano le immagini qui sotto riportate.

Questo è quello che è successo la scorsa notte ai tifosi atalantini, di ritorno dalla partita di Coppa Italia giocata a Firenze: calci, pugni, manganellate, insulti.

https://www.facebook.com/poterealpopolo.org/videos/155185705396886/

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Cagliari, ragazzo di 32 anni muore durante un fermo

ATTENZIONE
Un ragazzo di 32 anni è morto a Cagliari durante un fermo di polizia quest’oggi all’alba.
Stiamo cercando di chiarire cosa sia successo attraverso i nostri contatti.
Chiunque avesse informazioni utili ci scriva ed anche chi potrebbe trovarne vivendo in loco.
E’ indispensabile agire in fretta in questi casi.
Fonte: www.sardiniapost.it/cronaca/muore-allalba-viale-santavendrace-inutili-soccorsi-dinamica-chiarire/

Seguiranno aggiornamenti

Aggiornamento ore 16:30
MATTIA SAU è il nome del ragazzo di 32 anni morto questa mattina tra le 5:30 e le 6:30 durante un fermo di polizia a Cagliari in viale sant’ Avendrace, il ragazzo è di Iglesias, Italy, cittadina vicina. Domani verrà effettuata l’ autopsia ed è assolutamente necessario aiutare la famiglia con la nomina di consulenti di parte fidati.
Chiunque abbia notizie della storia di Mattia ci contatti con la massima urgenza anche attraverso il numero verde 800588605.
Sono utili segnalazioni anche a Chi l’ha visto?
GRAZIE

01.12.2018
Aggiornamento ore 00.20

Una grossa rete di solidarietà si è mossa in tutta Italia per contattare la famiglia, per fare indagini, per organizzare il supporto legale, per andare sul posto.
Chi ha commesso tutto questo dormirà male stanotte sentendo il fiato sul collo di una solidarietà popolare organizzata e forte.
Rinnoviamo l’appello a contattarci per segnalare qualsiasi informazione sulla morte di Mattia.

Aggiornamento ore 13.40
Prosegue da stamattina l’autopsia sul corpo di Mattia Sau. L’esame è stato disposto dalla Procura di Cagliari per accertare le cause del decesso.

VLAD, il Primo Vademecum legale contro gli abusi in divisa

Riascolta La presentazione di Vlad, il vademecum legale contro gli abusi in divisa

il 15 Novembre 2018 al Nuovo Cinema Palazzo, a Roma, è stato presentato Vlad , a cura di Alterego – Fabbrica dei diritti e Acad – Associazione contro gli abusi in divisa
Il 15 Novembre 2018 vedrà la luce VLAD – Vademecum Legale contro gli Abusi in Divisa. Per presentarlo al pubblico romano (e non) Alterego – Fabbrica dei Diritti e ACAD – Associazione contro gli abusi in divisa apriranno le porte del Nuovo Cinema Palazzo, a San Lorenzo.
Un lavoro, il Vademecum, che da mesi stiamo portando avanti congiuntamente, diretto a tutte e tutti, che racconti dei diritti che ogni cittadino ha quando incontra le Forze di Pubblica Sicurezza e dei doveri che queste ultime DEVONO rispettare.
Il primo evento, quindi, di una lunga serie di presentazioni che faremo in tutta Italia. Un lavoro che nasce dal basso, dai racconti e dalle esperienze di tutti e che speriamo possa dare un piccolo contributo a tutte e tutti in un periodo storico sempre più cupo.
Riascolta la presentazione e le interviste su Radio Sonar

Gli altri Stefano Cucchi – I casi di abusi in divisa ancora aperti in Italia

Nell’anniversario della morte di Stefano Cucchi, ricordiamo i casi di cittadini morti durante un’azione delle forze dell’ordine o sotto la loro custodia.
In questi giorni l’attenzione è di nuovo puntata sugli abusi delle forze dell’ordine grazie a un caso emblematico, il caso Cucchi, al film che ne è stato tratto e alla svolta processuale data dalla confessione del carabiniere Tedesco, che ha indicato i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro come gli autori del pestaggio. Una svolta che Fabio Anselmo, avvocato della famiglia Cucchi—ma anche delle famiglie Aldrovandi, Uva, Magherini—ha definito “eclatante”, perché offre una “testimonianza diretta di chi ha assistito ai fatti,” ma non solo: “riferisce anche dei condizionamenti e delle intimidazioni subite, e di tutto quello che è successo dopo.”
Gli abusi in divisa, in realtà, sono un argomento che torna ciclicamente nella sfera mediatica, spinto da un nuovo caso o dalla pubblicazione di un rapporto sul numero di suicidi e morti sospette nelle carceri. Ciò che manca sempre è la volontà, soprattutto istituzionale, di costruire una riflessione più ampia, che non solo unisca tra loro i vari casi, ma li riconosca come il frutto di politiche sbagliate e di una mentalità comune costruita ad hoc, basata in primo luogo sulla criminalizzazione.
“La criminalizzazione della vittima è una costante nei casi di malapolizia,” spiega Checchino Antonini, giornalista e attivista di ACAD (Associazione contro gli abusi in divisa). “Di questi casi si tende a parlare in termini emotivi, della pena che si prova per l’una o per l’altra parte. Si parla di onore o disonore dell’Arma, e non si indaga, per esempio, il legame con il proibizionismo o con il razzismo. Non si mette in discussione il tipo di addestramento ricevuto e non si parla del fatto che da tempo è in atto una forte criminalizzazione dei conflitti sociali. L’ossessione per il decoro e un’emergenza sicurezza che è tutto meno che un’emergenza (visto che i reati sono in continuo calo) portano a una vera e propria repressione di alcuni stili di vita.” Il migrante, il tossico, l’attivista dei centri sociali, il senzatetto, lo spacciatore diventano tutte categorie percepite come zavorre sociali (della serie “mi dispiace che sia morto MA”). Leggi tutto

Omicidio Uva, pg in Cassazione contro assoluzioni

Caso Uva, ricorso in Cassazione della procura di Milano contro l’assoluzione di sei poliziotti e due carabinieri
di Checchino Antonini su popoffquotidiano.it
La procura generale di Milano ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza sugli otto imputati, sei agenti e due carabinieri, assolti in appello «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona aggravato per la morte di Giuseppe Uva, l’uomo deceduto il 14 giugno 2008 all’ospedale di Varese, dopo che era stato fermato e portato in caserma dagli uomini dell’Arma per accertamenti. Il sostituto procuratore generale di Milano Massimo Gaballo, il quale aveva chiesto condanne fino a 13 anni di carcere, ha impugnato la sentenza dello scorso maggio dei giudici della prima sezione, chiedendo di riascoltare quattro testimoni, tra cui Alberto Biggioggero, l’amico di Uva presente la sera del fermo da parte dei carabinieri. Oltre alla richiesta di rinnovare l’istruttoria, nei motivi di appello viene contestata l’assoluzione dal reato di sequestro di persona e di omicidio preterintenzionale.
Il pg chiede quindi che la Cassazione annulli la sentenza impugnata e rinvii a un’altra sezione della corte d’assise d’appello per un nuovo giudizio. La famiglia della vittima è da sempre convinta che il decesso sia stato provocato dalle percosse e dalle manganellate inflitte all’uomo dalle forze dell’ordine che lo tenevano in custodia. Per i giudici, invece, è legittima la condotta di carabinieri e poliziotti intervenuti nel tentativo di contenere Uva che, insieme all’amico, stava dando in escandescenze. Uva, per i giudici, morì a causa di una patologia cardiaca e per lo stress per essere stato fermato in stato di forte ebbrezza alcolica.